Canti brevi
Cento haiku & cento quartine di sonetti inesistenti di Grazio Caliandro
“…E la farfalla
con un battito d’ali
partorì il vento.”
Così tra haiku e quartine ci regalò duecento emozioni, riflessioni, momenti diversi, canti brevi, suoi (e nostri) piccoli universi ai quali non occorrono pubblico, plauso, platea:
“Il sole splende
per tutti e non intende
cambiare idea.”
Grazio Caliandro |
Complimenti!
I Canti brevi di Grazio sono stati introdotti dal presidente del gruppo letterario Acàrya, Antonio Bianchetti che, a proposito di questa “idea letteraria di tipo zen”, scrive nella prefazione: “… perché esiste una forza ed una interiorità che ci unisce e diventa movimento, musica, poesia. Lo haiku permette a questo movimento di esprimersi ed espandersi; la sua semplicità è al tempo stesso comunione e testimonianza di una visione d’eternità.”…
E se questa forma orientale di poesia esprimesse al meglio la personalità di Grazio? Tra le quartine di uomo di fede e la spiritualità degli haiku si scoprono tante chicche di ironia che, congiunte alla
sincerità ed all’umiltà, fanno grande un autore; Grazio sa giocare con le rime e con se stesso.
38.
L’amore e l’amicizia, a mio parere,
sono la grande forza della terra.
E penso che la mente mia non erra
credendoli più forti del potere.
54.
Per mordere la mano al mio dentista,
mi son dovuto fingere interdetto.
“Non chiuda, apra” egli aveva detto.
Ed ho pensato: “Sono un vero artista”.
100.
Avventuriero, amante della notte,
cavalco i sogni e poi conquisto l’alba.
La storia che qualcuno dice scialba,
a me sostiene le virtù ridotte.
Senza volere apparire blasfema, la lettura condivisa dai numerosi presenti, per alzata di mano, a turno ed in ordine sparso di quartine ed haiku, è sembrata una specie di “eucarestia poetica”, nel suo senso più profondo, ossia di semplice condivisione della vita anche se in questo caso l’entusiasmo autentico non è stato affatto silenzioso.
Nei momenti in cui i nostri valori essenziali, tra “capoladri, spine calcaneari, scioperi di penne, fogli muti, mutui in farmacia e personali labirinti” potrebbero risultare offuscati, si può ricorrere ai Canti brevi di Grazio Caliandro. Per ricordarsi come dire pane al pane e vino al vino.
In forma semplice e graziosa, ossia “alla Grazio”.
33.
In un fossato
affondo la mia mano
e prendo il sole.
55.
La rosa all’alba,
ha il pianto delle stelle
sulla corolla.
61.
Andavo in giro,
portavo a spasso il tempo
e l’ho perduto.
Stefanie Kimmich
Lo haiku
(da Canti brevi)
Nato a partire dal ‘600, distaccandosi dal più esteso renga fino ad acquistare vita autonoma, lo haiku ha incontrato il pubblico occidentale ed il suo favore a partire dall’apertura del Giappone al mondo nel corso del XIX secolo.
Genere poetico di particolare brevità, ha saputo adattarsi a diverse lingue, per lo più traducendo in 17 sillabe le 7 on originarie (corrispondenti, per la verità, più alle morae considerate dalla fonologia).
Se questa regola delle 17 sillabe(generalmente suddivise in 3 versi, secondo lo schema 5+7+5) è quasi universalmente accettata, lo haiku originario presenta anche altre caratteristiche, variamente riprese nelle sue versioni in lingue differenti dal giapponese.
La kireji è una sorta di cesura, di pausa, che ha la funzione di fornire un supporto strutturale al verso, enfatizzando, esprimendo stupore o meraviglia, creando il giusto clima di sospensione alla fine del componimento o nell’accostamento tra i due pensieri che lo costituiscono. In giapponese vi sono 18 segni (ed in questo senso la kireji è una parola specifica) utilizzati a questo scopo, mentre in
italiano – e nelle altre lingue europee – può essere resa mediante la punteggiatura.
La kigo è una clausola stagionale, qualcosa che fissa nel tempo le immagini della poesia, proiettandole sullo sfondo mutevole del ciclo annuale. Non è obbligatoria, ma compare molto spesso, in modo più o meno diretto, negli haiku dei poeti giapponesi.
(da Canti brevi)
Nato a partire dal ‘600, distaccandosi dal più esteso renga fino ad acquistare vita autonoma, lo haiku ha incontrato il pubblico occidentale ed il suo favore a partire dall’apertura del Giappone al mondo nel corso del XIX secolo.
Genere poetico di particolare brevità, ha saputo adattarsi a diverse lingue, per lo più traducendo in 17 sillabe le 7 on originarie (corrispondenti, per la verità, più alle morae considerate dalla fonologia).
Se questa regola delle 17 sillabe(generalmente suddivise in 3 versi, secondo lo schema 5+7+5) è quasi universalmente accettata, lo haiku originario presenta anche altre caratteristiche, variamente riprese nelle sue versioni in lingue differenti dal giapponese.
La kireji è una sorta di cesura, di pausa, che ha la funzione di fornire un supporto strutturale al verso, enfatizzando, esprimendo stupore o meraviglia, creando il giusto clima di sospensione alla fine del componimento o nell’accostamento tra i due pensieri che lo costituiscono. In giapponese vi sono 18 segni (ed in questo senso la kireji è una parola specifica) utilizzati a questo scopo, mentre in
italiano – e nelle altre lingue europee – può essere resa mediante la punteggiatura.
La kigo è una clausola stagionale, qualcosa che fissa nel tempo le immagini della poesia, proiettandole sullo sfondo mutevole del ciclo annuale. Non è obbligatoria, ma compare molto spesso, in modo più o meno diretto, negli haiku dei poeti giapponesi.
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